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Varotti e la crisi della grande distribuzione «E c’è chi vuole ancora fare degli outlet»

Lo sciopero dei dipendenti del Gruppo Auchan di Fano contro il piano di ristrutturazione aziendale che prevede 1426 esuberi (di cui 16 a Fano), ci dà lo spunto per alcune riflessioni di carattere generale sulla presenza della grande distribuzione commerciale nel nostro Paese e sulla incapacità di taluni amministratori di capire che quel modello di sviluppo (edilizio e commerciale) è un triste rimasuglio del passato.
Il peso della grande distribuzione è troppo elevato nel nostro Paese. Lo diciamo da anni e l’attuale crisi dei consumi lo ha confermato con la rigidità dei numeri: Auchan licenzia perché ha registrato perdite per 65 milioni nel 2011, 33 nel 2012, 81 nel 2013 e 112 nel 2014.
Contemporaneamente Carrefour ha perso dal 2009 ad oggi il 21% del fatturato, sta abbandonando il sud e chiudendo tutti gli ipermercati (i dipendenti sono 8597 contro i 12264 di otto anni fa). I tedeschi di BILLA (ex Standa) hanno lasciato l’Italia; Lombardini ha venduto tutta la rete; Mediaworld ha annunciato 700 esuberi; la SMA ha registrato 100 milioni di perdite nel 2014; dal 2012 ad oggi solo nel settore alimentare hanno chiuso 9 grandi ipermercati e 25 supermercati. E l’elenco potrebbe continuare e vale anche per l’estero: in Inghilterra il gruppo TESCO ha chiuso nel 2014, 43 filiali; negli Stati Uniti il sistema degli shopping mall, i grandi centri commerciali, arranca. Negli ultimi dieci anni hanno chiuso i battenti una decina e le previsioni parlano di 60 nel prossimo futuro.
Di fronte a questa situazione ci sono ancora vecchi amministratori pubblici che vorrebbero aprire nuovi centri commerciali, nuovi outlet.
E’ il caso – ancora – del Comune di Mondolfo e del suo assurdo ed antistorico outlet che ostinatamente viene portato avanti dall’Amministrazione. Ma nessuno è in grado di dire al Sindaco e alla sua Giunta che il mondo è cambiato?

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