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Alta moda, bon ton e classe: Doriana Salucci per #conforzaecoraggio

Figlia di chi per primo, portò gli abiti confezionati nella nostra Provincia, Doriana Salucci si racconta: dalla laurea in Scienze Politiche alla scelta di continuare la carriera da imprenditrice. Nel suo negozio dallo stile e dalle soluzioni architettoniche d’avanguardia ci racconta gioie, criticità, e innovazioni del mondo del commercio nel settore dell’abbigliamento.
Buongiorno Signora Salucci, ci può raccontare come nasce la sua attività e la sua passione per la moda?
Io sono figlia di commercianti. Mio padre ha aperto il primo negozio di abiti confezionati a Fano, immediatamente nel dopoguerra. Io sono sempre rimasta nell’ambito dell’abbigliamento e della moda anche durante i miei studi a Bologna. Dopo la laurea in scienze politiche, mi sono interamente dedicata all’attività di famiglia. Abbiamo aperto un secondo punto vendita a Fano e successivamente nell’agosto del ’95 questo terzo punto vendita a Pesaro.
Secondo la sua esperienza e la sua conoscenza in tale settore, ci può dire come il mercato della moda si è trasformato in questi ultimi decenni?
La prima grande differenza è che una volta gli agenti venivano in negozio a mostrarti i campionari e tu facevi l’ordine. Ora invece siamo noi a dover andare negli show-room a vedere i capi per poterli acquistare.
La seconda rivoluzione riguarda la produzione. Il primo ad aver innescato il meccanismo fu Max-Mara che, non trovandosi d’accordo con le richiesta che avanzavano i sindacati, decise di dislocare la produzione e mantenere solo la parte distributiva in Italia. Da quel momento iniziò una vera e propria esternalizzazione della produzione, ovvero i grandi marchi fanno produrre i capi ad aziende terze, mentre loro si occupano solo della commercializzazione.
Com’è cambiato lo shopping in questi anni? Quali sono i capi a cui i vostri clienti non sanno rinunciare?
È cambiato. Una volta i negozi erano più targettizzati. C’era chi vendeva ai ceti sociali più alti, chi ai medi e chi ai bassi. Oggi giorno, chi propone solo Griffe conosciute a livello mondiale vende principalmente a stranieri, mentre ad esempio negozi come il nostro, per cercare di soddisfare le esigenze della clientela locale deve mixare, fare molta ricerca, proporre merce molto avanti come gusto, stando attenti al rapporto qualità-prezzo.
Purtroppo il periodo è difficile, ed anche chi potrebbe spendere non lo fa in quanto vi è un forte terrorismo piscologico legato ad esempio allo Spesometro e a tutte quelle forme di controllo che inducono le persone a non far vedere che possono spendere, questo comporta un danno spaventoso in quanto il denaro non gira e non si produce ricchezza.
Lo shopping on-line può essere una svolta al periodo nero del commercio o pensa che le potenzialità del commercio di “accoglienza”, rapporto cliente-commessa, ha ancora un valore aggiunto?
È un fenomeno che ha una potenza enorme, e ne dobbiamo prendere atto. Soprattutto nel nostro settore. Il problema per i piccoli commercianti è che i siti e-commerce per funzionare hanno bisogno di grandi investimenti, non tanto nella realizzazione del sito ma nella promozione che lo stesso deve avere per diventare conosciuto e fare vendite. Quindi ciò che possiamo fare è appoggiarci a grandi piattaforme e beneficiare dei loro investimenti e strumenti di promozione.
Poi sapete, vi è anche una questione di moda, adesso fa figo dire “ho comprato su………”, vorrei però far riflettere su una cosa: se il sito da cui si sta acquistando è straniero, come la maggior parte delle volte è, i soldi che quel consumatore spende vanno a finire in un altro stato, promuovendone economia e crescita. Quindi l’italiano che compra sul sito straniero fa un doppio danno, al negozio sotto casa e all’economia generale del Paese. Ma questo purtroppo spesso non è capito.
Quali sono le armi che i negozianti possono utilizzare per contrastare il fenomeno?
Sicuramente la professionalità e la fidelizzazione. Quando un cliente viene da me riceve un servizio, viene consigliato, il capo viene aggiustato sulla persona, e, se mi danno retta, vanno via vestiti in maniera ottimale! (ride)
Come nasce il sodalizio con la Confcommercio di Pesaro e Urbino?
Mio padre insieme a Giordano è stato uno dei fondatori. E fu anche Presidente della Cooperativa di Garanzia fidi Fidicom (ora Ascomfidi Imprese). Lui ci teneva molto, siamo infatti associati da 70 anni. Ma ora è cambiato tutto, non c’è più lo spirito di unione di un tempo: una volta ci si stringeva la mano ed era un gesto che valeva. Il problema è nelle persone e nella perdita dei valori.
Possiamo dunque affermare che i negozi Salucci Abbigliamento di Pesaro e Fano affrontano “con Forza e Coraggio”il loro futuro imprenditoriale nel campo della moda?
Certo! Non si va da nessuna parte senza la speranza. Quello che fa rabbia a noi commercianti di “vecchia data” è che fino a qualche anno fa le nostre aziende avevano un valore e se le avessimo vendute, anche a stranieri, adesso staremmo bene. Invece oggi dobbiamo immettere il risparmio o ricorrere al credito, e questo non va bene, non è giusto! In fondo le strategie sono semplici, abbiamo una sola ed unica risorsa ancora valida, il turismo…ho detto tutto.
‪#‎conforzaecoraggio‬ ‪#‎pesaro‬ ‪#‎urbino‬

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